Armillaria mellea (Vahl) P. Kaumm., 1871

Armillaria mellea (Vahl) P. Kaumm., 1871

Tassonomia: Dominio Eukaryota; Regno Fungi; Divisione Basidiomycota; Classe Agaricomycetes; Ordine Agaricales; Famiglia Physalacriaceae; Genere Armillaria.

Nome comune: Chiodino

Habitat

Specie rinvenuta in località Limari del comune di Sinagra sotto nocciolo. Stazione esposta a Nord ubicata a 480 m. slm, ubicazione geografica: 38°5’4,7”N 14°49’43,8”.

Descrizione

Basidiomi a crescita cespitosa; pilei embricati inizialmente convessi, quindi distesi e appianati a maturità, umbonati, margine sottile, finemente striato, andamento ondulato, superficie pileica ricoperta di piccole squame fugace di colore bruno, diametro medio 73 mm, colore variabile dal bruno/giallastro ad ambra a bruno scuro; imenoforo a lamelle intercalate da lamellule, decorrenti per un dentino, fitte, colore da bianco a crema, maculate a maturità, filo intero concolore; stipite cilindrico, fibrilloso/legnoso, colore carnicino sopra l’anello, bruno sotto l’anello, pieno, farcito a maturità, concresciuto con altri sporofori, altezza media 92 mm, diametro medio 8,5 mm; anello membranoso, persistente, striato nella pagina inferiore, fioccoso al margine, colore bianco con tonalità gialline; contesto bianco, sodo, immutabile alla rottura odore fungino; impronta sporale bianca; basidi banali, tetrasporici, clavati, dimensioni medie rilevate 38 x 8 mm; basidiospore lisce, da ellissoidali a lungamente ellissoidali (Q = 1,3-2,0), dimensioni rilevate 6,9-8,8 x 4,3-5,7 mm; pileipellis e stipitipellistipo cutis.

Note

Armillaria mellea colpisce, di norma, piante arboree, forestali e agrarie, ma anche piante arbustive e da fiore, generalmente si insedia nella zona del colletto e nell’apparato radicale e si comporta da parassita e da saprofita. Le piante attaccate lentamente sono portate a morire a causa del marciume radicale fibroso che genera.

E’ un fungo ubiquitario, cresce a tutte le latitudini e nei diversi climi, si riscontra più frequentemente nei suoli molto concimati e/o ricchi di residui di vetusti impianti arborei.

La principale fonte di diffusione del fungo sono le rizomorfe che si diramano nel terreno a macchia d’olio, ma si propaga anche a mezzo delle basidiospore e del micelio sottocorticale di piante infette o già morte.

Armillaria mellea si differenzia dal genere Desarmillaria tabescens per essere dotata di un ampio anello membranoso persistente oltre che per il colore della superficie pileica che varia dal bruno/giallastro ad ambra a bruno scuro.

La specie è considerata commestibile (solo il cappello, da scartare i gambi perché difficilmente digeribili in quanto fortemente fibrosi) anche se statisticamente fa registrare la più alta percentuale di intossicazioni fra i consumatori.

Essa non consumata correttamente è responsabile della sindrome “neurotossica” che interessa il sistema nervoso centrale e periferico. I sintomi si manifestano entro sei ore dall’ingestione ma a volte anche dopo dieci ore e si concretizzano in: diarrea, sudorazione, scialorrea, rinorrea, crampi muscolari, confusione mentale, vertigini, irritazione della mucosa gastroduodenale, ecc. Sembra che i sesquiterpeni sono i responsabili dell’intossicazione. Si tratta di tossine termolabili e idrosolubili che vengono in parte eliminati con la prebollitura rendendo commestibile il fungo.

La procedura corretta per consumare questa specie è la seguente: 1) eliminazione dei gambi per il motivo sopra riportato; 2) prebollitura per venti minuti circa senza coperchio e gettando l’acqua; 3) cottura per trenta minuti a fuoco vivo senza coperchio; 4) limitare il consumo a piccole quantità e pasti non ravvicinati per prevenire fenomeni d’accumulo.

La raccolta non deve essere fatta nelle mattinate di gelo né devono essere consumate partite congelate, perché le basse temperature trasformano in termostabili le tossine rendendole non eliminabili né con la prebollitura, né con la cottura.

Attenzione da non confondere Armillaria mellea con i tossici Hypholoma fasciculare e Hypholoma lateritium e l’incommestibile Hypholoma capnoides, noti anche come falsi chiodini. Queste specie si riconoscono perché dotate di anello fugace presto del tutto assente, dal colore pileico giallo/solforino e grigio/verde dell’imenoforo (H. fascicolare), rosso mattone e grigio (H. lateritium), arancio con margine giallo e grigio porpora (H. capnoides).

Riferimenti bibliografiche: Foto di Carmelo Di Vincenzo; Conoscere i funghi velenosi e i loro sosia commestibili – Micotossicologia – Italo Milanesi – Edito Centro Studi Micologici A.M.B. Fondazione; Funghi d’Italia volume 1°; Manuale di patologia vegetale – G. Goidanich.