Amanita verna Bull. ex Lam 1783

Amanita verna Bull. ex Lam 1783

Sistematica: Dominio: Eukaryota; Regno: Fungi; Divisione: Basidiomycota; Classe: Agaricomycetes; Ordine: Agaricales; Famiglia: Amanitaceae; Genere: Amanita; Sottogenere: Amanitina: Sezione: Phalloideae.

Nome comune: Tignosa di primavera.

Reazioni macrochimiche: carne del cappello e lamelle + base forte (KOH 5% oppure NaOH 5%) giallo vivo (A. verna var. decipiens).

Synonymy: Amanita decipiens (Trimbach) Jacquetant 1992.

Ritrovamento: basidioma rinvenuto il 07/04/204.

Stazione di crescita: Peloritani Orientali, località Candelara del comune di Messina, altitudine 400 metri s.l.m., esposizione a Nord, substrato umicolo, bosco misto (Quercus ilexCastanea sativa e Pinus pinea), piante del sottobosco Ruscus aculeatus e Rubus ulmifolius.

Modalità di crescita: isolato.

Materiali e metodi: l’analisi macro e microscopica è stata effettuata su materiale fresco, i rilievi fotografici sono stati eseguiti in habitat a mezzo fotocamera EOS 4000D con obiettivi EF-S 18-135 mm; le osservazioni microscopiche, le microfoto e le misurazioni sono state effettuate a mezzo microscopio ottico trinoculare (Olympus CX41) con applicata fotocamera (Dino-Lite/Digital Microscope) e con Software (DinoCapture 2.0).

Descrizione macroscopica: forma convessa; diametro 40 mm; altezza 70 mm; diametro dello stipite 11 mm; volva a sacco alta 23 mm; diametro del bulbo basale 28 mm; colore biancastro con leggere tonalità gialline; margine intero con andamento regolare, involuto; imenoforo a lamelle libere intercalate da lamellule, mediamente fitte, ventricose, filo intero, colore biancastro; stipite cilindrico, midolloso, concolore, bulboso; resti del velo generale e parziale: volva sacciforme, biancastra, avvolgente il bulbo; anello supero a gonnellino, bianco, persistente, sottile; contesto bianco, nessun viraggio alla rottura; impronta sporale bianca.

Descrizione microscopica: basidiospore da subglobose a largamente ellissoidali (Q = 1.1-1.3), ialine, lisce, apicolo pronunciato, IKI+ (amiloidi), dimensioni rilevate 8.8-10.5 x 7-9.2, osservate in Melzer reattivo anionico; basidi tetrasporici, clavati, misure rilevate 45-51 x 11-13; tessuto imeniale, velo generale, velo parziale, pileipellis, caulocutis e contesto, osservati in rosso di congo e tampone di glicerina L4.

Nota micotossicologica (repetita iuvant): fungo velenoso mortale alla stregua delle consorelle A. phalloides, A. virosa, A. porrinensis, A. bisporigera (allo stato quest’ultima specie sembra non essere presente in Europa). L’Amanita verna è responsabile della sindrome falloidea (a lunga latenza > 6 ore) a causa del suo contenuto di tossine termostabili e acido resistenti. Lo sporoforo è portatore dei seguenti principi tossici: fallolisine, falloidine e amanitine; di questi principi solo le amanitine, in particolare la forma alfa-amanitina, sono letali per l’uomo, mentre gli altri due principi tossici non costituiscono alcun pericolo, in quanto le fallolisine vengono disattivate dal calore e le falloidine non vengono assorbite dal tubo digerente. Sono sufficienti 5/8 mg di amanitina (in particolare la forma alfa), di norma contenute in uno sporoforo di 30 gr circa, per uccidere un uomo del peso corporeo medio di Kg 70. I sintomi dell’intossicazione si incominciano a manifestare trascorsi almeno sei ore dall’ingestione del fungo e fino a 24 ore, ed hanno come organo obiettivo il fegato dove le amatossine causano le lisi delle cellule. La gravità dell’avvelenamento è dovuta anche alla capacità di questi principi tossici di non essere del tutto espulsi, ma di essere riassorbiti dall’intestino e di rientrare in circolo per colpire ulteriori cellule epatiche. L’avvelenamento si manifesta in tre fasi:

1^ Fase: dolori addominali, vomito, diarrea, disidratazione, ecc., della durata di due tre giorni; 

2^ Fase: c.d. di remissione che si manifesta con un miglioramento del quadro gastroenterico; 

3^ Fase: c.d. epatorenale che si evidenzia con: insufficienza epatica acuta, ipoglicemia e ittero, deterioramento della coagulazione, coma epatico, insufficienza renale e morte.

I neofiti cercatori (…e non solo…) possono confondere la amanite mortali con diverse specie fungini commestibili e/o tossici, ma gli elementi cardini per il corretto riconoscimento macroscopico è la presenza della volva a sacco alla base del gambo, dell’anello supero a gonnellino e dell’eterogeneità (lamelle libere) del fungo. In ogni caso, per fugare ogni dubbio, si suggerisce di rivolgersi all’Ispettorato Micologico presso la locale Azienda Sanitaria.

Si raccomanda l’integrità degli sporofori da portare all’attenzione dell’Ispettore Micologo.

Osservazioni: uno studio del 2022 “Sezione Amanite Specie Phalloideae nel bacino del Mediterraneo: revisione degli angeli distruttivi” coautori Pablo Alvarado, Antonia Gasch-Illescus, Silvia Morel, Magda Bou Dagher-Kharrat, Gabriele Moreno, José Luis Manjen, Saverio Casteret, Jean-Michel Bellanger, Silvia Rapior, Matteo Gelardi e Pierre Arthur Moreau” propone per un taxon primaverile un nuovo nome, Amanita vidua, per raggruppare le Amanite: decipiens, porrinensis, virosa e levipes, considerati sinonimi eterotipici successivi di A. verna, A. phalloides e A. amerivirosa.

Note bibliografiche: Foto di Carmelo Di Vincenzo; R. Galli (Le Amanite); P. Nevielle – S. Poumarat (Amaniteae – Amanita, Limacella & Torrendia); Funghi d’Italia 1° e 2° volume; Italo Milanesi (Conoscere i funghi velenosi e i loro sosia commestibili – Micotossicologia).